venerdì 4 febbraio 2022

Olimpiadi di Vancouver (2010): - 2^ parte: sport al chiuso

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Le mie Olimpiadi si erano aperte con una giornata di short track. Trovo molto spettacolare questo sport: l'avevo già visto a Torino, col bronzo della staffetta femminile italiana, con la sedicenne Arianna Fontana, poi ai Mondiali di Milano nel 2009. Stavolta però era la prima giornata: c'erano le qualificazioni di 500 e staffetta femminile, ma l'unica finale era quella dei 1500 maschili. Dopo un po' mi rendevo conto che se c'erano più di 2-3 batteria di fila senza una caduta ci rimanevo male. Gli italiani si fermarono in semifinale, la finale fu decisa da una caduta all'ultima curva, quando sembrava ormai certa la doppietta coreana: alla fine i coreani si dovettero accontentare dell'oro e l'argento andò ad Apolo Ohno.







Tre giorni dopo fu la volta dello short program del pattinaggio artistico maschile: non avevo mai visto prima il pattinaggio di figura. Di tutte le gare di queste Olimpiadi è quella che ricordo meglio. Ero arrivato al palazzetto con molto anticipo, mentre si riempiva incontrai un italiano, è stata l'unica volta nella settimana (avevo visto anche Guido Bagatta che faceva un servizio, ma non c'eravamo parlati). Mi raccontò di aver fatto il volontario in molte manifestazioni: pensavo di chiedergli se l'avesse fatto anche ai Mondiali di nuoto del 2009, visto che allora i volontari avevano dato una pessima prova, ma temevo di offendere. 

I pattinatori erano 30, divisi in 5 blocchi di 6, in ordine crescente di ranking. Ricordo che il primo era un nordcoreano. Nel secondo blocco c'era Plushenko, che essendo rientrato alle gare da poco era indietro nel ranking. Quando scese in pista, la differenza con chi l'aveva preceduto era enorme: fu una delle più grandi emozioni che lo sport dal vivo mi abbia mai dato. I pattinatori dell'ultimo gruppo erano al suo livello, due gli arrivarono addirittura davanti (primo fu un americano di cui è meglio che non scriva il nome), ma nessuno mi diede le sue emozioni.




Non poteva mancare l'esperienza del pattinaggio di velocità. La gara era la stessa di Torino, i 1000 femminili, ma allora era una scelta, stavolta è stato un caso, questione di biglietti disponibili e di orari. Avrei preferito andare a vedere i 5000 maschili con Fabris, il primo giorno. L'impianto era a Richmond, un sobborgo di Vancouver. Anche qui tanto tifo olandese, ma non erano così dominanti come a Torino: si sentivano anche i canadesi, e alla fine sarebbero stati loro a gioire.





Accanto al palazzetto c'era Casa Olanda, ma c'era troppa coda per entrare (ero invece riuscito a vedere Casa Germania una sera a Vancouver: non c'era nessuno). Così ho visitato un centro anziani, lì di fronte: la guardarobiera sapeva a memoria il calendario dell'hockey, quando le dissi che la sera sarei andato a vedere una partita mi disse "Ah, Russia-Cina". Perché una particolarità di quelle Olimpiadi era che, essendoci lo sport nazionale canadese, era come se ci fossero contemporaneamente le Olimpiadi e i Mondiali di calcio: la sera nei locali si sentiva sempre commentare l'hockey.

Approfittai anche per andare a pattinare, in una pista all'aperto a forma di 8. Mi chiesero "pattini da hockey o da artistico?" Io non sapevo neanche bene la differenza, scelsi quelli da hockey pensando fossero più maneggevoli. Accanto c'era lo stadio del football di un'università: ho scoperto in quell'occasione che anche le università giocano la versione canadese del football americano.






La sera rimaneva Russia-Cina di hockey. Avevo preso il biglietto un paio di giorni prima: quando avevo saputo dell'annullamento del mio biglietto per lo snowboardercross ero andato alla biglietteria centrale a chiedere la sostituzione. Non erano molti gli eventi con biglietti ancora disponibili, e questo era l'unico in un momento che avevo ancora libero. Si svolgeva in un impianto alla periferia di Vancouver: ci andai con un bus urbano, con poca gente. Il palazzetto non era pieno al 100%, c'erano molti più cinesi che russi. Nnon era certo la gara più importante, ma anche queste erano le  Olimpiadi.





Avevo considerato di andare a Sochi, avevo guardato un po' di sistemazioni, ma era complicato. Anche per Pyongchang avevo provato a  informarmi, ma avevo abbandonato subito l'idea: non ero riuscito a trovare neanche un programma delle gare. Per Pechino il problema non si è posto, ma non credo che sarei andato neanche senza la pandemia.

Ma tra quattro anni c'è Milano-Cortina...

martedì 1 febbraio 2022

Olimpiadi di Vancouver (2010) - 1^ parte: viaggio e gare all'aperto

 Tornano le Olimpiadi invernali, e stavolta non posso pensare a cosa proveranno gli spettatori dal vivo perché non ci saranno. Sono state alle Olimpiadi invernali due volte: di Torino 2006 ho parlato quattro anni fa, adesso è il turno di Vancouver 2010. A Torino ero andato per la seconda settimana, a Vancouver per la prima: avevo in programma 9 gare, meno di Torino, per via delle distanze più lunghe tra città e montagna.

Il viaggio fu avventuroso: erano previste due tappe, a Francoforte e Montreal. A Francoforte mi fermai 8 ore per via di un ritardo, ed ebbi l'opportunità di vederla per la prima volta innevata, arrivato a Montreal la coincidenza per Vancouver era ormai persa e sembrava dovessi ripartire il giorno dopo, tanto che avevo già avvisato il B&B dove alloggiavo. Invece all'ultimo momento organizzarono un altro volo nella notte, anche perché la maggior parte dei passeggeri del volo per Montreal andava a Vancouver. Alloggiavo a North Vancouver, dall'altro lato della baia rispetto alla città, che si raggiungeva con un traghetto. Vicino al molo c'era la partenza dei pullman per la montagna. Nel B&B eravamo una decina, la maggior parte degli altri erano statunitensi, la mattina a colazione commentavamo le gare, tra di noi e coi proprietari.



Il viaggio da Vancouver a Whistler Mountain era lungo, almeno un ora e mezza, ma il paesaggio era molto bello. I pullman, e i relativi autisti, venivano quasi tutti dagli USA, e spesso da zone dove non nevica mai, per cui a volte si perdevano. Dal parcheggio del pullman c'era ancora un bel tratto da fare a piedi. La mia prima gara a Whistler fu la 10 km di biathlon maschile.: avevo il biglietto più scarso, ero a bordo pista. C'era brutto tempo, piovigginava, e il tempo finì per favorire i concorrenti partiti per primi: la grande sorpresa fu il bronzo di Fak, allora croato e oggi sloveno. Al ritorno l'autista del pullman ebbe la malaugurata idea di chiedere se c'eravamo divertiti, e non fu ben accolto: oltre al tempo spiacevole c'era anche da considerare che la maggior parte dei passeggeri erano tedeschi (essendo biathlon...) e il miglior tedesco era arrivato 19° (sempre meglio del miglio italiano, oltre il 40°).








Dal centro del fondo, che ospitava anche il biathlon, si arrivava comodamente alla pista di slittino. Avevo un posto in alto, nella tribuna più vicina all'arrivo: vedevo bene l'ultima curva  e veder arrivare i concorrenti a quella velocità era veramente impressionante. Come sempre nelle gare in cui si vede solo una piccola parte del percorso, bisognava ricordarsi a un certo punto di togliere gli occhi dallo schermo e cominciare a guardarla dal vivo. Il primo giorno vidi la terza e quarta manche del singolo maschile: la prima si svolse ancora con la luce, la seconda col buio. C'era Zoeggeler, che non era più il n. 1, ma cominciò la giornata al terzo posto e lo tenne fino alla fine. Tre giorni dopo (era anche il mio compleanno) ci tornai per il doppio, dove i migliori italiani arrivarono quarti.

Il giorno dopo il biathlon tornai a Whistler per il fondo, e stavolta avevo un posto dentro lo stadio. Il pubblico era diverso: meno tedeschi, più scandinavi e finlandesi (che guai a chiamarli scandinavi), ma anche tanti svizzeri, coi loro campanacci e costumi da mucca. C'era infatti Dario Cologna, che dominò la 15 km  dall'inizio alla fine. Secondo arrivò il nostro Piller Cottrer. C'era anche la 10 km femminile, ma di quella non ricordo niente, ho letto che vinse la Kalla. Due giorni dopo tornai per lo sprint, dove conobbi un gruppo di tifosi dell'Alaska, venuti per la Randall, che mi regalarono una spilla. Era finita l'era Zorzi e quella Pellegrino era di là da venire, quindi per noi era più interessante la gara femminile, dove Magda Genuin arrivò in finale. Vinse ancora la Bjorgen, anche se non così nettamente come l'anno dopo a Oslo.















Sarei dovuto andare a vedere anche lo snowboardcross femminile, oggi una delle gare clou per l'Italia, allora una prova che mi incuriosiva, ma di cui non sapevo niente: si svolgeva in una località non lontana da Vancouver. Purtroppo però la mia tribuna fu distrutta da una slavina. Avevo diritto a un biglietto sostitutivo, ma non erano molti gli eventi con biglietti ancora disponibili (e ovviamente non in concomitanza con altri di cui avevo già il biglietto): scelsi Russia-Cina di hockey femminile.

Ma di questo parlerò la prossima volta