domenica 25 febbraio 2018

PyeongChang 2018: considerazioni di uno spettatore mancato

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E' il momento in cui un senso di vuoto pervade tutti i malati di sport come me: sono finite le Olimpiadi invernali. Come avevo detto, avevo considerato di andare a Pyeongchang, ma ho subito abbandonato l'idea: non trovavo neanche il programma orario, e parlo di settembre, mica di anni fa. Non parliamo poi di informazioni su viaggio e alloggi.

In questi giorni mi sono chiesto spesso come sarebbe stato esserci. Non è facile rispondersi, visti i budget al risparmio di tutti i principali media e la conseguente scarsa presenza di inviati sul posto. Per quello che ho potuto vedere, anche quando cercavo di prenotare, l'impressione è che sia stata una delle manifestazioni in cui lo spettatore comune è stato visto con più fastidio. Sicuramente uno non si aspetterebbe di vedere tutti questi vuoti sugli spalti di un Olimpiade, neanche fossero partite del campionato italiano di calcio. Soprattutto nel fondo: per quanto possa odiare le mass start, non meritavano il deserto che s'è visto.Persino a trovare biglietti per la finale di hockey non era così complicato, a sentire la Kostner.

Non dev'essere stato facile, comunque, assistere alle gare all'aperto, con -15, vento e a volte anche neve. Soprattutto il biathlon, che pure dev'essere stato suggestivo in notturna. Per la Moioli, comunque, ne sarebbe valsa la pena. Sarei dovuto andare a vedere lo snowboardercross a Vancouver, ma la mia tribuna fu distrutta da una slavina.

Lo sport che mi sarebbe più piaciuto andare a vedere è sicuramente lo short track, sport nazionale in Corea. Sono stato a vedere i mondiali a Milano qualche anno fa: mi aspettavo folle di coreani, e magari cinesi e canadesi, e invece forse ero stato l'unico a venire da fuori, a parte parenti e amici degli atleti. Avrei visto volentieri anche la pista lunga, per l'atmosfera (come raccontavo per Torino), ma sarei uscito deluso, visto che non mi sarebbe mai venuto in mente di andare a vedere i 10.000 metri

Anche l'occasione di vedere la finale dell'hockey senza organizzarsi con un anno di anticipo sarebbe stata ghiotta: quando ricapita? Poi c'era la Kostner e le pattinatrici russe, ma per quelle ci sono i Mondiali a Milano...


lunedì 12 febbraio 2018

Winter Olympics in Turin (2006): part 3 - ice sports

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The Winter Olympics have come: the American trip is over, it's time to finish my story of Turin 2006, talking about ice sports.

If I remember correctly, the first one I saw was short track. I was very curious to see it, I always found it spectacular on TV. I remember the bronze in the female relay, arrived when we did not hope it anymore, thanks to the obstruction of the Chinese skater on Arianna Fontana immediately after the last exchange. Stupid mistake: almost certainly Fontana would not rally. Korea and Canada were out of reach, because you know, as Lineker would say (with his famous saying about football), short track is a sport where some people turn round on ice and at the end the Koreans win. The venue, Palavela, was beautiful

The most surprising experience was long-track speed skating at the Oval. In fact, I discovered that the entrance to the Oval was also a virtual boundary, which lead into Dutch territory. International long-track races, in fact, wherever they are in the world, it's as if were always held in the Netherlands, because Dutch cheering is always the most heard one. There was also the band, a very big one. The race was the one in which, at the time I bought the tickets, 9 months earlier, it seemed we had more chances: women's 1000 meters. At the time, in fact, Fabris was unknown and #1 of Italy was considered Simionato, who instead came 13 ^.

I saw two hockey games (in Turin it was possible, in Vancouver instead men's hockey was inaccessible): one with Sweden and one with the Czech Republic, the first with much more public. The thing that has remained most impressed was the venue: PalaIsozaki is the most beautiful arena in Italy, at least of those I have seen (but I have seen them all the main ones).

I saw the 3rd and 4th runs of women's bobsleigh, with the bronze of Weissensteiner, who entered the restricted club of medal winners in two different sports. At the same time Fabris won the gold in the 1500 of skating, the only medal of the second week that I did not attend. Of course, only a small part of the course (no more than 15%) was visible live and, as in all sports like this you need to remember when to stop looking at the screen and switch to live viewing. You really feel the speed, even more than in motorcycling.

I came back with the desire to repeat the experience, and in fact I repeated it in Vancouver, even if that time I went in the first week. Then the series broke off, and I do not know if and when I can restart it

domenica 11 febbraio 2018

Olimpiadi invernali di Torino (2006): 3^ parte - sport del ghiaccio

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Le Olimpiadi invernali sono arrivate: archiviata la trasferta americana, è il momento di concludere la storia di Torino 2006, parlando degli sport del ghiaccio.

Se ben ricordo, il primo che ho visto è stato lo short track. Ero molto curioso di vederlo, l'ho sempre trovato spettacolare in TV. Ricordo il bronzo nella staffetta femminile, arrivato quando non ci speravamo più, grazie all'ostruzione della staffettista cinese su Arianna Fontana subito dopo l'ultimo cambio. Errore stupido: quasi sicuramente la Fontana non avrebbe rimontato. Corea e Canada erano fuori portata, perché si sa, come direbbe Lineker (con la sua famosa frase sul calcio), lo short track è uno sport dove alcune persone girano in tondo sul ghiaccio e alla fine vincono i coreani. Bello l'impianto, il Palavela

L'esperienza più sorprendente è sta quella del pattinaggio su pista lunga, all'Oval. Ho infatti scoperto che l'ingresso dell'Oval era anche un confine virtuale: si entrava in territorio olandese. Le gare internazionali di pista lunga, infatti, in qualunque posto del mondo siano, è come se si svolgessero sempre in Olanda, perché il tifo olandese è sempre quello che si sente di più. C'era anche la banda, molto numerosa. La gara era quella in cui, al momento in cui comprai i biglietti, 9 mesi prima, sembrava avessimo più chances: i 1000 metri femminili. All'epoca, infatti, Fabris era uno sconosciuto e la n.1 italiana era considerata la Simionato, che invece arrivò 13^.

Ho visto due partite di hockey (a Torino si poteva, a Vancouver invece l'hockey maschile era inaccessibile): una con la Svezia ed una con la Repubblica Ceca, la prima con molto più pubblico. La cosa che mi è rimasta più impresso è stata l'impianto: il Palaisozaki è il più bel palazzetto d'Italia, almeno che abbia visto (ma i principali li ho visti tutti).

Ho visto la 3^ e 4^ manche del bob femminile, col bronzo della Weissensteiner, che è entrata nel ristretto club delle medagliate in due sport diversi. In contemporanea Fabris vinceva l'oro nei 1500 di pattinaggio, unica medaglia della seconda settimana a cui non ho assistito. Naturalmente, solo una piccola parte del percorso (non più del 15%) era visibile del vivo e, come in tutti gli sport del genere. bisogna ricordarsi di smettere di guardare lo schermo e passare alla visione dal vivo. La velocità si sente molto, anche più che nel motociclismo.

Tornai con la voglia di ripetere l'esperienza, e infatti la ripetei a Vancouver, anche se quella volta andai nella prima settimana. Poi la serie s'interruppe, e non so se e quando potrò ripeterla