Click here for English version
Sabato scorso la Diamond League di atletica è stata a Shanghai. Io a Shanghai sono stato nel 2010 per un altro evento che di solito determina la destinazione delle mie ferie: l'Expo. Era la mia terza Expo, dopo Hannover 2000 e Saragozza 2008; sarei stato poi a Milano 2015, mentre ho saltato quella del 2012, in un posto sperduto in Corea e mi sa che salterò anche quella di quest'anno in Kazakhstan.
Sabato scorso la Diamond League di atletica è stata a Shanghai. Io a Shanghai sono stato nel 2010 per un altro evento che di solito determina la destinazione delle mie ferie: l'Expo. Era la mia terza Expo, dopo Hannover 2000 e Saragozza 2008; sarei stato poi a Milano 2015, mentre ho saltato quella del 2012, in un posto sperduto in Corea e mi sa che salterò anche quella di quest'anno in Kazakhstan.
Devo dire che a Shanghai non mi sono sentito tanto uno "spettatore comune", anzi mi sono sentito un divo. I divi in realtà erano i miei figli (all'epoca 6 anni e mezzo e 5 scarsi), che attiravano l'attenzione di tanti cinesi che non avevano mai visto un bambino occidentale. In particolare mi figlia aveva un'attrattiva esotica: i capelli ricci. E dire che ero andato anche per vedere un mondo dove gli esotici eravamo noi, ma pensavo ai padiglioni europei, non a noi personalmente.
La scarsa presenza di occidentali (se ne incontravano di più in 15 minuti al McDonald's a fine giornata che in tutta la giornata all'Expo) implicava anche problemi di lingua: era difficile trovare gente che parlasse inglese, molto più che a Shanghai città. Ho incontrato comunque anche due persone che parlavano italiano: un cuoco di un ristorante, che aveva lavorato in Italia, e una ragazza del padiglione bielorusso, che aveva studiato da noi.
L'Expo di Shanghai è stata la più grande di sempre : 5 volte quella di Milano. Ci sarebbero volute settimane per visitarla tutta, soprattutto considerando che alcuni padiglioni avrebbero richiesto una giornata intera: si segnalavano anche 6 ore di coda (per un padiglione tematico sul petrolio). Avendo 4 giorni a disposizione, si dovevano fare delle scelte, scartando tutti i padiglioni con code troppo lunghe o troppo decentrati, quindi praticamente tutti quelli dei paesi più grandi: Cina (non ho mai visto il padiglione del paese ospitante, in nessun'Expo), USA, Germania, Francia, o anche le province cinesi. L'unico territorio cinese di cui ho visto lo stand è stato Macao: ricco di effetti speciali, celebrava i 20 milioni di presenze turistiche annue del territorio, ma senza mai nominare il motivo per cui almeno 19,5 milioni ci vanno, ossia il gioco d'azzardo. Alle Expo si assiste spezio a "rimozioni" del genere.
Con due bambini, a volte si otteneva di saltare la coda: è stato il caso della Spagna, dove sono stati molto gentil. Padiglione molto bello, che mostrava tutto il paese, dalle processioni religiose ai matrimoni gay. Temo di confondermi con altre Expo, ma fra i padiglioni più interessanti mi vengono in mente Marocco (quello è sempre bello, non ci si sbaglia), Olanda, Nuova Zelanda, Messico e Indonesia. Al padiglione italiano, speravo che mi facessero saltare la fila o in quanto italiano o per i bambini, invece niente. C'era qualcosa di suggestivo, ma nessun padiglione era così sfacciatamente commerciale, pieno di riferimenti a marchi. Ho visto solo un altro padiglione, il Portogallo, dove si nominava un azienda, ma con molto meno risalto di noi. Si nominavano anche molti politici: questo si vedeva già un po' più spesso, ma solo in padiglioni del terzo mondo (o comunque non di paesi del G20). Si percepiva quel fastidio verso lo spettatore comune che avevo notato ai mondiali di nuoto a Roma l'anno prima. Insomma: ci facciamo sempre riconoscere.
Con due bambini, a volte si otteneva di saltare la coda: è stato il caso della Spagna, dove sono stati molto gentil. Padiglione molto bello, che mostrava tutto il paese, dalle processioni religiose ai matrimoni gay. Temo di confondermi con altre Expo, ma fra i padiglioni più interessanti mi vengono in mente Marocco (quello è sempre bello, non ci si sbaglia), Olanda, Nuova Zelanda, Messico e Indonesia. Al padiglione italiano, speravo che mi facessero saltare la fila o in quanto italiano o per i bambini, invece niente. C'era qualcosa di suggestivo, ma nessun padiglione era così sfacciatamente commerciale, pieno di riferimenti a marchi. Ho visto solo un altro padiglione, il Portogallo, dove si nominava un azienda, ma con molto meno risalto di noi. Si nominavano anche molti politici: questo si vedeva già un po' più spesso, ma solo in padiglioni del terzo mondo (o comunque non di paesi del G20). Si percepiva quel fastidio verso lo spettatore comune che avevo notato ai mondiali di nuoto a Roma l'anno prima. Insomma: ci facciamo sempre riconoscere.
Nessun commento:
Posta un commento