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Sabato scorso ho visto in TV l'Italian Bowl, la finale del campionato italiano di football americano. I Seamen Milano hanno sconfitto 37-29 i Rhinos, sempre di Milano. Purtroppo, visto che sono sempre stato un fan di questi ultimi. Da entrambe le parti, tra gli allenatori, c'erano delle mie vecchie conoscenze di quand'ero prima giocatore dei Crociati Monza e poi addetto alle statistiche dei Black Hawks Cernusco (che avevano assorbito i Crociati): nei Seamen il coach Francesco "Tato" Zamichieli, nei Rhinos l'allora giocatore Piero "Mazzarella" Marotta. E' stata la prima partita di campionato italiano che ho visto, dal vivo o in TV, dopo 21 anni: mi sono sentito un po' come il compagno Antonio di "Avanzi" (per ci ha l'età per ricordare lo show degli anni '90), quello che era rimasto 20 anni in coma, nel vedere questi giocatori, che quasi tutti non erano nati quando vidi la mia prima finale e molti nemmeno quando vidi l'ultima.
Sabato scorso ho visto in TV l'Italian Bowl, la finale del campionato italiano di football americano. I Seamen Milano hanno sconfitto 37-29 i Rhinos, sempre di Milano. Purtroppo, visto che sono sempre stato un fan di questi ultimi. Da entrambe le parti, tra gli allenatori, c'erano delle mie vecchie conoscenze di quand'ero prima giocatore dei Crociati Monza e poi addetto alle statistiche dei Black Hawks Cernusco (che avevano assorbito i Crociati): nei Seamen il coach Francesco "Tato" Zamichieli, nei Rhinos l'allora giocatore Piero "Mazzarella" Marotta. E' stata la prima partita di campionato italiano che ho visto, dal vivo o in TV, dopo 21 anni: mi sono sentito un po' come il compagno Antonio di "Avanzi" (per ci ha l'età per ricordare lo show degli anni '90), quello che era rimasto 20 anni in coma, nel vedere questi giocatori, che quasi tutti non erano nati quando vidi la mia prima finale e molti nemmeno quando vidi l'ultima.
Sono stato a vedere la finale di campionato, che all'epoca si chiamava Super Bowl italiano, per 11 stagioni consecutive, dal 1985 al 1995. La prima volta a Padova, l'ultima a Cesenatico; una volta fu sotto casa, a Monza (abitavo a circa 1 km dallo stadio), mentre la trasferta più lontana fu Ancona (mi sembra rispettivamente nel 1991 e nel 1986). La prima volta ero da solo: non conoscevo ancora nessuno dell'ambiente del football, gli anni successivi andavo con i compagni di squadra.
Quanto meno per i primi 6-7 anni c'era un doppio trend evidente: livello del gioco crescente, numero di spettatori decrescente, poi gli spettatori si stabilizzarono, il gioco calò anche un po'. La stella del Super Bowl 1985, il running back americano Pearson, dei Doves Bologna, 3-4 anni dopo non era più all'altezza di un americano di serie A (certo, un po' era anche peggiorato lui). Il salto di qualità si ebbe nel 1987, con l'arrivo del quarterback (anche se ufficialmente non era schierato come tale, i QB americani non erano ammessi) Bobby Frasco, dei Frogs Legnano: parafrasando Dante, lo chiamavo "cosa venuta d'America in Europa a miracol mostrare".
Il picco degli spettatori si ebbe invece nel Super Bowl 1984, disputato a Rimini, con circa 20.000 spettatori, o almeno così si disse. Allora pensavo che il football si sarebbe presto imposto come terzo sport di squadra d'Italia, non lontano dal secondo (più o meno quello che è poi diventata la pallavolo) e che il giornalista specializzato in football fosse una professione del futuro. Quando si tornò a Rimini nel 1990 gli spettatori erano si e no un terzo, nonostante il livello molto più alto. Quell'anno dopo il Super Bowl si disputarono semifinali e finali dell'Eurobowl, la Champions' League del football, vinta dai Manchester Spartans (i cui tifosi parlavano una lingua incomprensibile: la consolazione era che nemmeno gli americani la capirono) dopo una bellissima semifinale contro i tedeschi e la finale contro i Rhinos Milano. Si fece l'errore di cominciare le partite troppo presto, ad un orario che difficilmente poteva catturare i turisti, ancora a cena negli alberghi: c'erano quindi solo quelli venuti a Rimini apposta per le partite.
Oltre al 1990, ricordo bene l'edizione del 1987, molto bella e combattuta, anch'essa a Rimini, ma soprattutto quella del 1989, giocata in un clima di tensione. Sul campo si erano infatti qualificati, assieme ai Frogs, i Saints Padova, ma in campo scendevano invece i Seamen, che avevano giocato una sola partita di playoff e l'avevano persa. Gli era stato infatti concesso di ripetere la partita con i Gladiatori Roma (quarti di finale) in quanto iniziata oltre il tempo limite, ma sia i Gladiatori, sia poi i Saints nella semifinale, per protesta contro tale decisione si erano rifiutati di giocare. Il programma dell'evento diceva "ci occupiamo dei risultati del campo" e quindi diceva che si erano qualificati i Saints, i quali prima della partita sfilarono a bordo campo tra gli applausi. I Seamen entrarono in campo, come al solito, con la musica di "Momenti di Gloria", ma si sentivano solo le urla di "buffoni" e "ladri".
Nell'edizione 1995, ricordo che in albergo conobbi un ragazzo di Roma (allora non immaginavo che a breve sari diventato di Roma anch'io) che era identico a me 10 anni prima: 17 anni e al primo Super Bowl.
Non ricordo cosa mi impedì di andare nel 1996, poi col trasferimento a Roma divenne più difficile. Di anno in anno mi ripromisi di andare a vedere di nuovo una partita di campionato, ma tuttora non l'ho mai fatto. In compenso ho visto un Super Bowl vero (2014) e una finale di campionato tedesco (2010).
Il picco degli spettatori si ebbe invece nel Super Bowl 1984, disputato a Rimini, con circa 20.000 spettatori, o almeno così si disse. Allora pensavo che il football si sarebbe presto imposto come terzo sport di squadra d'Italia, non lontano dal secondo (più o meno quello che è poi diventata la pallavolo) e che il giornalista specializzato in football fosse una professione del futuro. Quando si tornò a Rimini nel 1990 gli spettatori erano si e no un terzo, nonostante il livello molto più alto. Quell'anno dopo il Super Bowl si disputarono semifinali e finali dell'Eurobowl, la Champions' League del football, vinta dai Manchester Spartans (i cui tifosi parlavano una lingua incomprensibile: la consolazione era che nemmeno gli americani la capirono) dopo una bellissima semifinale contro i tedeschi e la finale contro i Rhinos Milano. Si fece l'errore di cominciare le partite troppo presto, ad un orario che difficilmente poteva catturare i turisti, ancora a cena negli alberghi: c'erano quindi solo quelli venuti a Rimini apposta per le partite.
Oltre al 1990, ricordo bene l'edizione del 1987, molto bella e combattuta, anch'essa a Rimini, ma soprattutto quella del 1989, giocata in un clima di tensione. Sul campo si erano infatti qualificati, assieme ai Frogs, i Saints Padova, ma in campo scendevano invece i Seamen, che avevano giocato una sola partita di playoff e l'avevano persa. Gli era stato infatti concesso di ripetere la partita con i Gladiatori Roma (quarti di finale) in quanto iniziata oltre il tempo limite, ma sia i Gladiatori, sia poi i Saints nella semifinale, per protesta contro tale decisione si erano rifiutati di giocare. Il programma dell'evento diceva "ci occupiamo dei risultati del campo" e quindi diceva che si erano qualificati i Saints, i quali prima della partita sfilarono a bordo campo tra gli applausi. I Seamen entrarono in campo, come al solito, con la musica di "Momenti di Gloria", ma si sentivano solo le urla di "buffoni" e "ladri".
Nell'edizione 1995, ricordo che in albergo conobbi un ragazzo di Roma (allora non immaginavo che a breve sari diventato di Roma anch'io) che era identico a me 10 anni prima: 17 anni e al primo Super Bowl.
Non ricordo cosa mi impedì di andare nel 1996, poi col trasferimento a Roma divenne più difficile. Di anno in anno mi ripromisi di andare a vedere di nuovo una partita di campionato, ma tuttora non l'ho mai fatto. In compenso ho visto un Super Bowl vero (2014) e una finale di campionato tedesco (2010).
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