domenica 27 gennaio 2019

Super Bowl XLVIII a New York (2-2-2014)

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Vidi per la prima volta il Super Bowl in TV nel 1982, era il secondo trasmesso dalla TV italiana. Potei vederlo perché allora si svolgeva alle 22 ora italiana, se fosse stato dopo le 24, come adesso, forse non mi sarei mai appassionato al football americano. La passione crebbe, e se non da allora, quanto meno dall'anno dopo cominciai a sognare di vederne uno dal vivo. Speravo di farlo quando avrei cominciato a lavorare, invece tra costi e difficoltà logistiche (soprattutto nell'era ante internet) il momento non arrivava mai. 

Presi in considerazione di andare nel 2011, poi rinunciai anche perché la città (Dallas) non era molto attraente, ma nel 2014 il Super Bowl si svolgeva in una città piena di attrattive e facile da raggiungere: New York. Decisi che il momento era giunto. Tra l'altro, il primo Super Bowl che vidi in TV era il primo che si svolgeva al nord (Detroit), ma al coperto, il primo dal vivo era il primo a svolgersi al nord e all'aperto. Ci si chiedeva quanto avrebbe influito il freddo sulla partita: ci si chiedeva anche se avrebbe nevicato. Invece fece relativamente caldo: circa 7 gradi: con grande delusione dei newyorchesi, non batterono neanche il record del Super Bowl più freddo, che è 4 gradi, a New Orleans negli anni '70 (quando non c'era il Superdome e si giocava all'aperto).

Ero arrivato a New York il venerdì sera. Il sabato mattina andai a ritirare i biglietti in un albergo (diverso da quello dove alloggiavo). Chiesi quanti europei avessero acquistato il pacchetto: mi dissero circa 1.200. Ne incontrai qualcuno allo stadio, un gruppo di tedeschi. Nell'albergo c'erano immagini delle squadre, ma anche la presentazione del Super Bowl 2016, da svolgersi a San Francisco. Mi venne tanta voglia d'andarci.

Nel pomeriggio feci il giro del Super Bowl boulevard, a Broadway. Scartai subito l'idea di partecipare ai giochi interattivi: troppa coda (ma non so se avrei osato farli comunque: troppa paura di figuracce). Ho visto la mostra dedicata a Vince Lombardi e ai suoi legami con New York, sua città d'origine. C'era anche la possibilità di vedere il Vince Lombardi Trophy, ma si parlava di 5 ore di coda, quindi mi sono accontentato di sbirciarla dall'esterno, attraverso il vetro. Si vedeva anche lo studio ESPN, dove c'era l'idolo della mia gioventù, Joe Montana.

Inutile dire che c'erano tanti tifosi che mostravano indumenti delle due squadre, senza che vi fosse il minimo problema: ho visto anche un venditore di magliette di una squadra dare il cinque a ci indossava la maglia dell'altra. Io, da ex (pessimo) difensore e in particolare cornerback, avevo scelto Seattle, squadra che aveva la sua forza nella difesa e il suo giocatore più rappresentativo (o quasi) in un cornerback, Richard Sherman. Da conversazioni che avevo captato in giro, molti avevano scelto la squadra per cui tifare a seconda dell'opinione che avevano di Sherman.

La domenica il pacchetto comprendeva un party pre-partita, che si svolgeva in un palazzetto di fronte lo stadio. Party affollato, con coda all'ingresso e palazzetto pieno. Comprendeva un concerto di Cindy Lauper: il vederla così invecchiata ci ha ricordato quanto lo siamo anche noi. Circa un'ora prima dell'inizio ci siamo diretti verso lo stadio. Grande emozione nel trovarselo di fronte e ancora di più nell'entrare in uno stadio così moderno, con scale mobili e schermi ad ogni angolo. Sul seggiolino troviamo un "warm welcome", tutta un'attrezzatura per scaldarsi, prevedendo un grande freddo che poi non è arrivato: berretto (da usarsi anche nello show dell'intervallo), una "tasca" simile a quella dove  mettono le mani i quarterback, gel per il caldo istantaneo.

La mia posizione era molto in alto, vicino a quella che nel primo tempo era l'end zone dei Broncos. Non potevo quindi vedere i dettagli del gioco, né tanto meno notare l'intensità dei placcaggi, ma vedevo bene la disposizione delle squadre in campo. Si parte dal mio lato: prima azione da scrimmage, malinteso tra Manning e il suo centro (e non c'era un chiasso assordante) e safety automatico. Primo tempo sulla stessa falsariga: finisce 22-0 per i Seahawks. Devo alzarmi spesso per far alzare gente che va a prendersi qualcosa, e mi meraviglio che così tanti non si facciano problemi a perdersi un pezzo di Super Bowl, specie considerato quanto costava.

Il secondo tempo comincia con molti vuoti sugli spalti, di gente che non è rientrata dai bar. Lo speaker annuncia "O avremo il primo titolo per i Seahawks, o vedremo la più grande rimonta nella storia del Super Bowl". Le speranze di rimonta svaniscono alla prima azione: sul ritorno del kick-off, Seattle segna ancora. Per la più grande rimonta nella storia del Super Bowl bisognerà aspettare tre anni, con i Patriots sui Falcons. Quando ho cominciato a seguire il football, Super Bowl così a senso unico erano la regola, adesso invece è stato l'unico degli ultimi 10 anni, e dovevo assistere proprio a quello. Quando Seattle difende, osservo Sherman, e gli vedo fare cose incredibili.

Verso l'inizio del quarto quarto, lo stadio comincia a svuotarsi: mi meraviglio sempre più che qualcuno rinunci a una parte di Super Bowl, per quanto senza storia. Alla fine, i vuoti sono tanti, almeno un quarto. All'uscita aspetto per un bel po' il treno per rientrare in città e penso che forse avrei fatto meglio ad acquistare il transfer che mi avevo offerto per $99: mi sembravano tanti, ma all'andata ne avevo speso 75 di taxi.

Il giorno dopo arrivò la neve, quindi altra occasione mancata di assistere a un incontro epico. Arrivederci a chissà quando…












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