giovedì 26 settembre 2019

Mondiali di Atletica a Osaka (2007)

Click here for English version

La partenza per Doha si avvicina. E' il momento di parlare di un'edizione, quella di Osaka 2007,  che aveva due cose in comune con questa: il continente e il caldo. Le temperature non arrivavano ai livelli di Doha, ma era molto umido. Il caldo non si sentiva molto dentro lo stadio, ma si sentiva molto fuori: per fortuna attorno allo stadio c'erano dei nebulizzatori con cui rinfrescarsi.

Si accedeva allo stadio da due lati: da uno c'era un'ampia "zona di prefiltraggio", dall'altro i cancelli erano proprio attaccati. La strada era indicata da volontari che stavano ore ed ore a reggere i cartelli. Il primo giorno sono arrivato che la giornata era cominciata da poco e stavano finendo gli arrivi della Maratona femminile. Il Giappone aveva vinto il bronzo e l'oro a squadre: nella storia dei Mondiali, ha vinto i 2/3 delle sue medaglie nella Maratona. Quell'anno puntava anche sul martellista Morufoshi, e infatti nel merchandising il lancio del martello era ben rappresentato.

Chiesi il risultato ai miei vicini, due anziani americani. Ora, se pensate che io sia un fanatico dell'atletica, avreste dovuto vedere loro: erano in grado di citare tutti i risultati quanto meno degli ultimi 20 anni. Quando nei 400 in due scesero sotto i 44", dissi incautamente che era la seconda volta dopo Messico 1968: mi citarono subito altri due casi in cui era successo. Si erano anche meravigliati che non fossi andato ad Atene nel 2004, così vicina.

Avevo lo stesso posto (verso l'inizio del rettilineo finale) per tutti i giorni tranne uno, quindi restammo sempre vicini. Loro erano sempre più esasperati dalle numerose controprestazioni dei loro atleti (tra cui il discobolo Rome, morto qualche giorno fa). Loro si lamentavano che la federazione convocava troppi atleti, io mi lamentavo del contrario. Si vide soprattutto nel giavellotto femminile, dove arrivarono in finale due atlete che non sarebbero state convocate se fossero state italiane, e una (una greca) arrivò quinta. L'Italia aveva solo Zahra Bani, che gareggiò nel primo gruppo e mancò la qualificazione di circa un metro. Si vedeva però che quelle del secondo gruppo erano avvantaggiate, e se avessimo convocato anche la Coslovich, che aveva il minimo, una delle due sarebbe finita nel secondo gruppo e avrebbe potuto farcela.

Tra gli italiani la più grande emozione me la diede Howe, col suo 8,47 all'ultimo salto, con cui passava in testa di 1 cm. Dopo l'esultanza, sia sua che mia, e i complimenti degli americani, ho cominciato a pensare "calma, non è finita". Infatti Saladino lo superò, ma fu bello lo stesso. Incontrai Howe a Fiumicino, al ritorno: volevo dirgli qualcosa, ma proprio in quel momento si aprirono le porte e fu assediato dai fotografi.

Nella 50 km di marcia, che si svolgeva appena fuori dallo stadio, arrivai verso la metà: Schwazer era a circa 2 minuti dal primo. Poi il distacco dal primo rimase costante, ma recuperò fino al terzo posto. Un'altra emozione me la diede involontariamente Chiara Rosa: arrivò ottava, ma a un certo punto vidi il suo nome sul tabellone e il paletto della misurazione oltre i 20 metri. Pensavo davvero avesse lanciato fin lì, invece doveva ancora lanciare e i giudici avevano appoggiato il paletto a caso. Un altro italiano protagonista suo malgrado fu Kirchler: dopo le qualificazioni, in cui fu eliminato, salì sugli spalti e fu assediato dai cacciatori di autografi. La scena si ripeté il giorno dopo con una martellista spagnola.

Delle altre gare ricordo soprattutto lo sprint: la doppietta 100-200 di gay, nei 200 davanti a Bolt, i 100 femminili col risultato rimasto incerto per molti minuti dopo l'arrivo, la 4X100 maschile col Giappone che arrivò 5° con 38.02, tra gli applausi del pubblico. Quel giorno c'era anche l'imperatore: ricordo l'applauso commosso all'annuncio della sua presenza.

Tra i concorsi ricordo l'alto maschile, con la vittoria a sorpresa di Thomas che si era salvato più volte al terzo tentativo, e il martello maschile, con 7 sopra gli 80 metri. Due di loro furono squalificati per doping l'anno dopo e ai mondiali dopo ce ne fu uno solo. L'asta invece me la ricordo solo perché quel giorno avevo preso un posto diverso per vederla meglio, sperando di vedere Gibilisco, che invece era stato squalificato per le sua frequentazioni equivoche. Ogni giorno sorteggiavano un biglietto, che vinceva l'incontro con un campione. Una sera toccò al posto davanti e me, e il campione da incontrare era la Isimbayeva!

Una giorno sulla metro ho incontrato Bragagna con lo staff RAI: stava raccontando di quando un giapponese gli aveva dato un passaggio in bici.

Tornando, all'aeroporto incontrai tre atlete canadesi: le ostacoliste Felicien e White e l'ottocentista Cummings: molto simpatica quest'ultima. Sull'aereo vidi Lolo Jones, medaglia d'argento nei 100hs, che riguardava la gara all'infinito. Per un certo periodo ho rischiato di non partire per un problema di overbooking: se avessi dovuto fermarmi, avrei potuto vedere l'ultima giornata. E l'argento della Di Martino


Nessun commento:

Posta un commento