domenica 29 settembre 2019

Mondiali di atletica a Doha - 2^ giornata (28-09-2019)

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Giornata lunghissima, conclusa splendidamente col bronzo della Giorgi. Ma cominciamo dall'inizio. All'aeroporto incontro tre componenti della squadra italiana: la Pedroso, un atleta che non sono sicuro di aver riconosciuto (e che quindi non nomino, a scanso di figuracce) e una ragazza che non conosco, probabilmente non un'atleta. All'arrivo, scopro che io e loro 3 siamo gli unici a fermarsi a Doha, su oltre 200 passeggeri dell'aereo. Questo dava un'ulteriore idea dell'interesse che destano questi mondiali.

Al momento di partire per lo stadio, ci sono due persone che partono con me, un nigeriano e un giapponese, ma declinano l'offerta di condividere il taxi. Scoprirò poi che nel mio albergo c'è la squadra delle Bahamas. Sul taxi, scopro di aver dimenticato il biglietto in albergo, ma visto che sono già in ritardo e c'è un gran traffico penso che piuttosto che tornare lo rifaccio. Arrivato, penso di mostrarlo sul telefonino: lo accetterebbero, ma il file non mi si apre. Devo proprio rifarlo. Già per entrare avevo dovuto girare attorno a quasi mezzo stadio, perché prima c'erano tante entrate non aperte al pubblico. C'era con me un gruppo, credo di britannici, e tutti maledicevamo gli organizzatori e la IAAF che gli aveva assegnato i mondiali.

Fino all'ingresso nello stadio, non si sente nessun rumore provenire da dentro, come se fosse vuoto. Una volta dentro, scopro che non è poi così vuoto come temevo: la zona dell'arrivo è piena (solo la zona non tutto il rettilineo), il rettilineo opposto abbastanza. Certo, considerato anche che lo stadio non è grandissimo, saranno 10.000 persone o poco più, sempre poche per un mondiale. Io sono poco prima della seconda curva: dietro di me un gruppo di canadesi. All'inizio questi pochi sono anche tranquilli: si sentono incitazioni solo per i britannici, tanto che mi chiedo se l'atletica non stia diventando come il pattinaggio su ghiaccio di velocità. Lì, infatti, in qualunque posto del mondo si sia, è come se si fosse sempre in Olanda, perché si sente di più il loro tifo, qui sarà lo stesso con la Gran Bretagna.

Programma non molto denso: ci sono momenti abbastanza lunghi con solo una gara in corso, prima l'asta e poi il lungo. Anche grazie a ciò, c'è abbondanza di tabelloni: ce ne saranno 4 per il martello donne e addirittura 6 per il lungo maschile. Io arrivo appena in tempo per vedere l'eliminazione di Faloci, ma non il primo salto di Stecchi. Il mio obiettivo minimo era comunque di arrivare in tempo per le semifinali dei 100, e ce la faccio comodamente. Si parte con Jacobs mai in gara, che perde l'occasione di una semifinale in cui si passava con 10.12 e viste le premesse di ieri si teme che Tortu veda peggio. Invece vedo (non benissimo, visto che un'altra cosa che ho dimenticato è il binocolo) Tortu che, dopo la sua solita brutta partenza rientra in gruppo e sembra aver fatto una prova dignitosa, ma non da qualificazione. Ci mettono un po' ad annunciare il terzo, mostrano il fotofinish e vedo che potrebbe essere lui. E lo è: Tortu in finale! Nelle prove da stadio, abbiamo già più finalisti che in tutta l'edizione scorsa!

Vado a mangiare prima della staffetta mista. Nell'asta sono rimasti in 14 e Stecchi ha fatto 5,70 alla seconda: dovrebbe bastare, ma dopo la Trost ieri non si sa mai. Mi perderò il suo 5,75. Nell'uscire, il ragazzo volontario che mi indica la strada, saputo che sono italiano e interista, mi racconta di essere juventino. Per mangiare bisogna allontanarsi dallo stadio di un bel po': ci sono chioschi di tutto il mondo, ma quasi nessuno espone il menù. Io mangio un piatto indiano, piccante ma per i loro standard neanche tantissimo.

All'avvicinarsi della finale dei 10.000, si note che si sono formate due "curve" di Kenia ed Etiopia (in realtà ai due estremi del rettilineo opposto: le curve sono quasi vuote). Questa è la novità positiva di questi mondiali: una composizione del pubblico diversa dal solito, con più rappresentanza dell'Africa.

Finita la bella gara dei 10.000, in attesa ei 100 rimane il lungo. Gara molto combattuta: penso sempre che alla fine Echeverria troverà il salto risolutivo, invece lo trova Gayle con 8,69. Si arriva alla finale dei 100. Alla presentazione degli atleti spengono le luci, e per ciascuno (Tortu è il primo) illuminano i bordi delle corsie coi suoi colori nazionali e su ciascun lato compare la scritta col suo nome. Tortu fa quello che può: avevo l'impressione che fosse andato leggermente meglio del 7° posto, ma va bene così.

Finite le gare allo stadio, c'è il problema di raggiungere la Corniche (il lungomare) per la marcia. Vedo che c'è una stazione della metro, ma non funziona, si usa solo come sottopasso. Penso che chiuda presto, invece scoprirò che non è ancora entrata in funzione. Peccato, perché passava vicino al mio albergo. Mentre penso a come fare, mi si offre un "servizio limousine" e accetto. Mi lascia dove la Corniche comincia ad essere chiusa al traffico, ma per arrivare al percorso della gara ci vuole ancora un bel po': ci metto una ventina di minuti e arrivo sudatissimo, visto che l'umidità (più del caldo in sé) è devastante. Per fortuna dopo un'oretta passerà e si starà abbastanza bene.

C'è una bella tribuna permanente (di solito usata per altri scopi, credo parate) di un migliaio di posti. Peccato che sia riservata ai VIP e non ospiterà mai più di 20 persone. Gli spettatori comuni, compresi atleti e allenatori (vedo Damilano, l'ex dt Locatelli, poi anche Giomi) sono senz'acqua (non ci sono ristori di nessun tipo), senza bagni e con solo dei gradini per sedersi. A volte vengono fatti allontanare da bordo pista: non si capisce se sia sempre vietato stare attaccati alle transenne sempre o solo in certi tratti. Tra le manifestazioni dove lo spettatore comune è stato visto con fastidio (che hanno ispirato il nome di questo blog) questa li batte tutti: si aveva davvero l'impressione che per gli organizzatori sarebbe stato meglio se non ci fossimo stati!

Le gare sono moto combattute, anche grazie al clima. Quella maschile, dal 15° km, dopo il crollo di Diniz sembra una passeggiata solitaria del giapponese Suzuki, invece a 5-6 km dalla fine entra in crisi: si prende pause sempre più lunghe allo spugnaggio, i 3 minuti di vantaggio diventano 2, poi meno di 1. Vince solo perché il secondo scoppierà peggio di lui: il portoghese che solo a un chilometro dalla fine era terzo staccatissimo arriverà a 43".

Tra le donne si forma subito un gruppo di 4:la Giorgi, due cinesi e una portoghese. Poi le cinesi rimarranno sole, a un certo punto la Giorgi rimane staccata anche dalla portoghese, poi recupera e la portoghese crolla fino a ritirarsi. Un'ucraina rimonterà fino ad arrivare a 18", poi scoppierà. La Giorgi arriva con due bandiere, una per mano, su richiesta le avrei ceduto anche la mia.

E' stata dura, ma ne è valsa davvero la pena.































venerdì 27 settembre 2019

World Athletics Championships in Osaka (2007)

Clicca qui per la versione italiana The departure for Doha is getting close. It's time to talk about an edition, the Osaka 2007 one, which had two things in common with this one: the continent and the heat. The temperatures did not reach Doha levels, but it was very humid. The heat was not felt much inside the stadium, but it was a lot outside: fortunately there were nebulizers around the stadium to cool off with.

The stadium could be accessed from two sides: from one there was a large "pre-filtering zone" (to use soccer terminology), on the other the gates were just close. The way was indicated by volunteers who stood for hours and hours holding signs. The first day I arrived when competitions had just begun and the finishes of the women's Marathon were ending. Japan had won a bronze and the gold in the team event: in the WCH history it won 2/3 of its medals in the Marathon. That year it also relied on hammer thrower Morufoshi, and in fact hammer throw was well represented in merchandising.

I asked the result to my neighbors, two old Americans. Now, if you think I'm an fanatic of athletics, you should have seen them: they were able to quote all the results at least in the last 20 years. When in 400 two went below 44", I recklessly said it was the second time, after Mexico 1968: they immediately quoted two other cases in which it happened. They were also surprised that I had not gone to Athens in 2004, so close.

I had the same seat (towards the beginning of the final straight) for all days but one, so we always stayed close. They were increasingly exasperated by the lots of poor performances of their athletes (including discus thrower Rome, who died a few days ago). They complained that the federation selected too many athletes, I complained for the opposite reason. it ahowed especially in women's javelin, where two athletes who would not have been there had they been Italian got to the final, and one (a Greek) arrived fifth. Italy had only Zahra Bani, who competed in the first group and missed qualification by about one meter. It was clear, however, that those in the second group had an advantage, and if we had also sent Coslovich, who had the standard, one of them would have ended up in the second group and could have made it.

Among the Italians, I had my greatest emotion by Howe, with his 8.47 at the last jump, with which he took the lead by 1 cm. After celebration, from both he and I, and the compliments of the Americans, I began to think "keep calm, it is not over". In fact Saladino surpassed him, but it was beautiful anyway. I met Howe at Fiumicino, on the way back: I wanted to tell him something, but just then the doors opened and he was besieged by the photographers. In the 50 km walk, which took place just outside the stadium, I got there halfway: Schwazer was about 2 minutes behind the first. Then the gap from the first remained constant, but he rallied to third place. Another emotion was unintentionally given by Chiara Rosa: she came eighth, but at a certain point I saw her name on the scoreboard and the measuring post beyond 20 meters. I really thought he had thrown so far, but he still had to throw and the judges had randomly placed the post. Another Italian who was involuntarily protagonist was discus thrower Kirchler: after qualifications, in which he was eliminated, he went in the stands and was besieged by autograph hunters. The scene was repeated the next day with a Spanish hammer thrower.

Of the other races I especially remember sprint: the Gay's 100-200 double, in 200 before Bolt, women's 10, where the result remained uncertain for many minutes after the finish, men's 4X100 with Japan who came 5th with 38.02, among applause of the public. That day the emperor was also there: I remember the passionate applause when his presence was announced.

Among field events, I remember men's high jump, with the surprise victory of Thomas who was saved several times on third attempt, and men's hammer, with 7 over 80 meters. Two of them were disqualified for doping the following year and at the following world championships there was only one. I remember pole vault, instead, only because that day I had taken a different seat to see it better, hoping to see Gibilisco, which instead had been suspended for his dubious encounters. Every day they were raffling off a ticket, whose holder won a meeting with a champion. One evening it was the seat before me, and the champion to meet was Isimbayeva!

One day on the subway I met TV speaker Bragagna with his staff: he was telling about when a Japanese gave him a ride on a bike.

Coming back, I met three Canadian athletes at the airport: hurdlers Felicien and White and the 800-meter-runner Cummings: the latter is very nice. On the plane I saw Lolo Jones, silver medallist in 100hs, endless watching her race. For a while I risked not to leave because of an overbooking problem: if I had to stayp, I could have seen the last day. And Di Martino's silver.

giovedì 26 settembre 2019

Mondiali di Atletica a Osaka (2007)

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La partenza per Doha si avvicina. E' il momento di parlare di un'edizione, quella di Osaka 2007,  che aveva due cose in comune con questa: il continente e il caldo. Le temperature non arrivavano ai livelli di Doha, ma era molto umido. Il caldo non si sentiva molto dentro lo stadio, ma si sentiva molto fuori: per fortuna attorno allo stadio c'erano dei nebulizzatori con cui rinfrescarsi.

Si accedeva allo stadio da due lati: da uno c'era un'ampia "zona di prefiltraggio", dall'altro i cancelli erano proprio attaccati. La strada era indicata da volontari che stavano ore ed ore a reggere i cartelli. Il primo giorno sono arrivato che la giornata era cominciata da poco e stavano finendo gli arrivi della Maratona femminile. Il Giappone aveva vinto il bronzo e l'oro a squadre: nella storia dei Mondiali, ha vinto i 2/3 delle sue medaglie nella Maratona. Quell'anno puntava anche sul martellista Morufoshi, e infatti nel merchandising il lancio del martello era ben rappresentato.

Chiesi il risultato ai miei vicini, due anziani americani. Ora, se pensate che io sia un fanatico dell'atletica, avreste dovuto vedere loro: erano in grado di citare tutti i risultati quanto meno degli ultimi 20 anni. Quando nei 400 in due scesero sotto i 44", dissi incautamente che era la seconda volta dopo Messico 1968: mi citarono subito altri due casi in cui era successo. Si erano anche meravigliati che non fossi andato ad Atene nel 2004, così vicina.

Avevo lo stesso posto (verso l'inizio del rettilineo finale) per tutti i giorni tranne uno, quindi restammo sempre vicini. Loro erano sempre più esasperati dalle numerose controprestazioni dei loro atleti (tra cui il discobolo Rome, morto qualche giorno fa). Loro si lamentavano che la federazione convocava troppi atleti, io mi lamentavo del contrario. Si vide soprattutto nel giavellotto femminile, dove arrivarono in finale due atlete che non sarebbero state convocate se fossero state italiane, e una (una greca) arrivò quinta. L'Italia aveva solo Zahra Bani, che gareggiò nel primo gruppo e mancò la qualificazione di circa un metro. Si vedeva però che quelle del secondo gruppo erano avvantaggiate, e se avessimo convocato anche la Coslovich, che aveva il minimo, una delle due sarebbe finita nel secondo gruppo e avrebbe potuto farcela.

Tra gli italiani la più grande emozione me la diede Howe, col suo 8,47 all'ultimo salto, con cui passava in testa di 1 cm. Dopo l'esultanza, sia sua che mia, e i complimenti degli americani, ho cominciato a pensare "calma, non è finita". Infatti Saladino lo superò, ma fu bello lo stesso. Incontrai Howe a Fiumicino, al ritorno: volevo dirgli qualcosa, ma proprio in quel momento si aprirono le porte e fu assediato dai fotografi.

Nella 50 km di marcia, che si svolgeva appena fuori dallo stadio, arrivai verso la metà: Schwazer era a circa 2 minuti dal primo. Poi il distacco dal primo rimase costante, ma recuperò fino al terzo posto. Un'altra emozione me la diede involontariamente Chiara Rosa: arrivò ottava, ma a un certo punto vidi il suo nome sul tabellone e il paletto della misurazione oltre i 20 metri. Pensavo davvero avesse lanciato fin lì, invece doveva ancora lanciare e i giudici avevano appoggiato il paletto a caso. Un altro italiano protagonista suo malgrado fu Kirchler: dopo le qualificazioni, in cui fu eliminato, salì sugli spalti e fu assediato dai cacciatori di autografi. La scena si ripeté il giorno dopo con una martellista spagnola.

Delle altre gare ricordo soprattutto lo sprint: la doppietta 100-200 di gay, nei 200 davanti a Bolt, i 100 femminili col risultato rimasto incerto per molti minuti dopo l'arrivo, la 4X100 maschile col Giappone che arrivò 5° con 38.02, tra gli applausi del pubblico. Quel giorno c'era anche l'imperatore: ricordo l'applauso commosso all'annuncio della sua presenza.

Tra i concorsi ricordo l'alto maschile, con la vittoria a sorpresa di Thomas che si era salvato più volte al terzo tentativo, e il martello maschile, con 7 sopra gli 80 metri. Due di loro furono squalificati per doping l'anno dopo e ai mondiali dopo ce ne fu uno solo. L'asta invece me la ricordo solo perché quel giorno avevo preso un posto diverso per vederla meglio, sperando di vedere Gibilisco, che invece era stato squalificato per le sua frequentazioni equivoche. Ogni giorno sorteggiavano un biglietto, che vinceva l'incontro con un campione. Una sera toccò al posto davanti e me, e il campione da incontrare era la Isimbayeva!

Una giorno sulla metro ho incontrato Bragagna con lo staff RAI: stava raccontando di quando un giapponese gli aveva dato un passaggio in bici.

Tornando, all'aeroporto incontrai tre atlete canadesi: le ostacoliste Felicien e White e l'ottocentista Cummings: molto simpatica quest'ultima. Sull'aereo vidi Lolo Jones, medaglia d'argento nei 100hs, che riguardava la gara all'infinito. Per un certo periodo ho rischiato di non partire per un problema di overbooking: se avessi dovuto fermarmi, avrei potuto vedere l'ultima giornata. E l'argento della Di Martino


martedì 24 settembre 2019

Word Athletics Championships in Paris (2003): men's pole vault



We get to the race that for Italians marked the World Championships in Paris and for me all the athletics I saw live, maybe all sports. Difficult to describe the emotion felt: as someone who was dealing with much more important things said [Dante] "qui si parrà de tua nobilitate" ("here your nobility will show").

When I bought the tickets, it may have been May, I chose a place on the straight opposite to the finish line also to see pole vault, which in Paris takes place outside of that straight, but it was only because I am a fan o vertical jumps: I didn't think I would see an Italian protagonist. I had seen Gibilisco at the Golden Gala, which at the time was at the end of June: he had won, beating the Italian record twice, first with 5.77 and then with 5.82. In the following years, until a couple of years ago, it would have been enough to make him a candidate for the podium, but then with those measures he was just an outsider.

The level was such that the qualification was at 5.75 and they really got there. Some athletes show up directly at that measure, and two fail: Akverbukh pf Israel, European champion the year before, and Mesnil of France. With these fewer competitors, I begin to hope for a medal.

We arrive at the final day, Thursday 28th August. Gibilisco misses twice at 5.75 and seems doomed to close with 5.60 and arrive among the last. However, he retains its third attempt for 5.80, and clears them. This would already mean a good placement: there are not so many left. The turning point occurs at 5.85: when he clears them on first attempt and all the others don't, It begin to think "Should he win?" When two others, Brits of South Africa and Kristiansson of Sweden, clear them at the second I fear that the dream would end. They too weren't among the favorites of the eve: Brits in the 90s should have been Bubka's heir, then he got lost, Kristiansson was famous only as Kluft's husband.


You get to 5.90, and there Gibilisco does his masterpiece. In my mind, I have Gibilisco's body that bends over the bar, lapping it all along its length without ever touching it. If you watch the video on YouTube you will see something a little different, but to say it with Guccini's (Italian singer) words "in my imagination I have his image, heroes are all young and beautiful". I am now convinced that he will win: we still have to wait for 3 (the two above and Markov of Australia) to miss 5.95, but I am not afraid. They will miss.

The following day, seeing me with the Italian flag, the steward said, "Pérche" (pole). Italy is associated with so many things, but I didn't think it would ever be associated with pole vault.

16 years have passed: Tortu was 5 years old, Scotti 3, Iapichino 1 (and her mother, Fiona May, had returned to races, but with poor results). Two things I never imagined then: that the Italian record would remain at 5.90 and above all that that would still be the last Italian gold medal in World Championships. I would like to say still only a week, but I don't hope so much.

lunedì 23 settembre 2019

Mondiali di atletica a Parigi (2003) - asta maschile

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E arriviamo alla gara che per gli italiani ha segnato i Mondiali di Parigi e per me tutta l'atletica che ho visto dal vivo, per non dire tutto lo sport. Difficile descrivere l'emozione provata: come diceva qualcuno che si occupava di cose ben più importanti "qui si parrà de tua nobilitate".

Quando comprai i biglietti, sarà stato maggio, scelsi un posto nel rettilineo opposto all'arrivo anche per vedere bene il salto con l'asta, che a Parigi si svolge all'esterno di quel rettilineo, ma era solo perché sono un appassionato di salti in elevazione: non pensavo certo di vedere un italiano protagonista. Avevo visto Gibilisco al Golden Gala, che all'epoca era a fine giugno: aveva vinto battendo due volte il record italiano, prima con 5,77 e poi con 5,82. Negli anni successivi, fino a un paio di anni fa, sarebbe bastato per fare di lui un candidato al podio, ma allora con quelle misure si era solo un outsider.

Il livello era tale che la qualificazione era a 5,75 e ci si arrivava davvero. Alcuni atleti si presentano direttamente a quella misura, e due falliscono: l'israeliano Akverbukh, campione europeo l'anno prima, e il francese Mesnil. Con questi concorrenti in meno, comincio a sperare in una medaglia.

Si arriva al giorno della finale, giovedì 28 agosto. Gibilisco sbaglia due volte a 5,75 e sembra destinato a chiudere con 5,60 ed arrivare tra gli ultimi. Conserva però il terzo tentativo per 5,80, e li supera. Questo già vorrebbe dire un buon piazzamento: non sono rimasti in tantissimi. La svolta avviene a 5,85: quando lui li supera al primo tentativo e tutti gli altri no comincio a pensare "Vincesse?" Quando altri due, il sudafricano Brits e lo svedese Kristiansson, li superano al secondo temo che il sogno finisca. Anche loro non erano tra i favoriti della vigilia: Brits negli anni '90 doveva essere l'erede di Bubka, poi si era perso, Kristiansson era famoso solo come marito della Kluft.

Si arriva a 5,90, e lì Gibilisco fa il capolavoro. In mente ho il corpo di Gibilisco che si piega sull'asticella, la lambisce per tutta la lunghezza senza mai toccarla. Se guardate il filmato su YouTube vedrete qualcosa un po' diverso, ma per dirla con Guccini "nella fantasia ho l'immagine sua, gli eroi son tutti giovani e belli". Ormai sono convinto che vincerà: c'è da aspettare che in 3 (i due di prima e l'australiano Markov) falliscano i 5,95, ma non ho paura. Li falliranno.

Il giorno dopo, vedendomi con la bandiera italiana, lo steward all'ingreso mi dice "Pérche" (asta). L'Italia viene associata a tante cose, ma non pensavo sarebbe mai stata associata al salto con l'asta.

Sono passati 16 anni: Tortu aveva 5 anni, Scotti 3, la Iapichino 1 (e sua madre era rientrata alle gare, ma con scarsi risultati). Due cose non avrei mai immaginato allora: che il record italiano sarebbe rimasto a 5,90 e soprattutto che quella sarebbe stata ancora l'ultima medaglia d'oro italiana ai Mondiali. Vorrei dire ancora per una settimana, ma non ci spero tanto.


martedì 17 settembre 2019

World Athletics Championships in Paris (2003) - all events but one

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Less than two weeks to go before the Doha World Championships: I will be there from the second day to the second last. They will be my seventh WCH live: of the last I wrote live, of Berlin 2009 I told last year. This time I will talk about my first, those of Paris 2003. They were the Championships of the greatest emotion I had from perhaps all live sport, and certainly athletics: Gibilisco's gold in pole vault. That, however, deserves a separate article: today we will talk about the other events.

I should have gone with my wife, who had to give up for health problems. We had only taken tickets for the afternoon sessions, not knowing if we would go to all the morning ones and we thought that there would still be no problems with the tickets. Instead, on Wednesday morning the tickets were sold out: in any case I found one, exchanging it with the one that was left over for the afternoon. I understood why as soon as I entered the stadium, and it would have been enough to think about what happens at Roland Garros on the first Wednesday to understand it even earlier: it was the students' day, the stadium was full of children. For most days I was in the tribune opposite the final straight, in the first deck, but the last day I was in a bend, in the second deck. The Stade de France is very nice and comfortable, but with few bars.

As for the races, the first one I remember is the 100 meter dash, starting with the quarter-finals (at that time there were still 4 rounds), with Drummond's disqualification oand his long protests, which stopped the race for quite a while. The rule of disqualification for the second false start, even if of different athletes, had just been introduced, and that was a first example of how such a rule risked lengthening times instead of shortening them, a problem that increased with the disqualification at the first false start. The race was surprisingly won by Kim Collins: I can therefore say that I heard the anthem of Saint Kitts and Nevis!


I also participated in a game inspired by 100 meters: we had to stop a chronometer, without looking, as close as possible to the then world record, 9.78. I made a poor show: I stopped after about 6 and a half seconds, clearly the worst. The animator spoke only in French and fast, without worrying that someone might not understand.
In the early days there was also the Barber-Kluft duel in the heptathlon, won by the Swede. Then I remember the 200 women, with the victory of White, later disqualified for the Balco scandal, and the bronze of the eighteen year old Allyson Felix. The women's hammer race, held at the beginning of the evening, was very popular, with Montebrun, who came third, incited by a crowd of town fellows in the front rows. But the greatest satisfactions for the French would come in the last few days. First there was Baala's silver in 1500: El Guerrouj was still too strong, but he was at the end of his career and Baala should take his legacy. It was not so, On the last day they had the surprise golds of women's 4X100 and Barber in long jump, with 6.99 at the last attempt.

I had to go and I couldn't attend 4X100's and Barber's medal ceremony. But I saw the ceremony for a French winner of a Paralympic race: the anthem was really deafening, I never heard sing one like that. Speaking of anthems, that edition was the only one where I heard some booing, albeit quite isolated, at an anthem: the American one. But it was a time of strong tension between France and the USA, with the second Gulf War.

Before the start of the sessions they interviewed old glories of French athletics: Mimoun, Pérec. They showed the video of a victory of the latter, with the original commentary, which ended with an orgasm of the commentator "Ouiiiiiiii! Marie-José Pérec!"

As for the Italians, I remember Longo, who illuded us in the preliminary rounds of 800, also because the final seemed very open, then came sixth. Then the throws, with placings that today we can only dream of: Coslovich's 7th place, Legnante's 8th. I saw Baldini's bronze only from the screen, the Marathon was at the same time as track and field races. I also remember Martinez's bronze: today with 14.90 it would seem little, but then the podium was not taken for granted.

Then there was THE RACE, the men's pole vault. But we'll talk about that next time.

lunedì 16 settembre 2019

Mondiali di atletica a Parigi (2003) - tutte le gare tranne una

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Mancano meno di due settimane ai Mondiali di Doha: io sarò li dalla seconda giornata alla penultima. Saranno i miei settimi mondiali dal vivo: degli ultimi ho scritto del vivo, di Berlino 2009 ho raccontato l'anno scorso. Stavolta vi parlerò dei miei primi, quelli di Parigi 2003. Sono stati i Mondiali della più grande emozione che mi abbia dato forse tutto lo sport dal vivo, e sicuramente l'atletica: l'oro di Gibilisco dell'asta. Quella però merita un articolo a sé stante: oggi parleremo delle altre gare.

Sarei dovuto andare con mia moglie, che dovette rinunciare per problemi di salute. Avevamo preso i biglietti solo per le sessioni pomeridiane, non sapendo se saremmo andati a tutte quelle mattutine e pensavamo che comunque non ci sarebbero stati problemi per i biglietti. Invece il mercoledì mattina i biglietti erano esauriti: ne trovai comunque uno scambiandolo con quello che mi avanzava per il pomeriggio. Il perché lo capii appena entrato nello stadio, e sarebbe bastato pensare a cosa succede al Roland Garros il primo mercoledì per capirlo anche prima: era il giorno delle scuole, lo stadio era pieno di bambini. Per la maggior parte dei giorni ero nella tribuna opposta al rettilineo d'arrivo, nel primo anello, l'ultimo giorno invece ero in una curva, nel secondo anello. Lo Stade de France è molto bello e confortevole, ma con pochi ristori.

Quanto alle gare, la prima che ricordo sono i 100 metri, a cominciare dai quarti di finale (allora erano ancora 4 turni), con la squalifica di Drummond e le sue lunghe proteste, che fermarono la gara per un bel po'. Era appena stata introdotta la regola della squalifica alla seconda falsa partenza, anche se di autori diversi, e si ebbe un prima esempio di come una regola del genere rischiava di allungare i tempi invece di abbreviarli, problema che è aumentato con la squalifica alla prima falsa partenza. La gara fu vinta a sorpresa da Kim Collins: posso quindi dire di aver sentito l'inno di Saint Kitts and Nevis!

Partecipai anche a un gioco ispirato ai 100 metri: bisognava fermare il cronometro, senza guardare, il più vicino possibile all'allora record mondiale, 9.78. Feci una pessima figura: fermai dopo circa 6 secondi e mezzo, nettamente il peggiore. L'animatrice parlava solo in francese e veloce, senza preoccuparsi che qualcuno potesse non capire.

Nei primi giorni ci fu anche il duello Barber-Kluft nell'eptathlon, vinto dalla svedese. Ricordo poi i 200 femminili, con la vittoria della White, poi squalificata per lo scandalo Balco, e il bronzo della diciottenne Allyson Felix. Molto partecipata la gara del martello femminile, disputata a inizio serata, con la Montebrun, poi terza, incitata da una folla di compaesani nelle prime file. Ma le maggiori soddisfazioni per i francesi sarebbero arrivati negli ultimi giorni. Prima ci fu l'argento di Baala sui 1500: El Guerrouj era ancora troppo forte, ma era a fine carriera e Baala avrebbe dovuto raccoglierne l'eredità. Non fu così Nell'ultima giornata arrivarono gli ori a sorpresa della 4X100 donne e della Barber nel lungo, con 6,99 all'ultimo salto.

Dovevo andare e non ho potuto assistere alle premiazioni della 4X100 e della Barber. Ho visto però la premiazione di un francese vincitore di una gara paralimpica: l'inno era veramente assordante, non l'ho mai sentito cantare così. A proposito di inni, quell'edizione fu l'unica dove sentii qualche fischio, sia pure abbastanza isolato, a un inno: quello americano. Era però un momento di forte tensione tra Francia e USA, con la seconda Guerra del Golfo.

Prima dell'inizio delle sessioni intervistavano vecchie glorie dell'atletica francese: Mimoun, la Pérec. Proiettarono il video di una vittoria di quest'ultima, con la telecronaca originale, che si concludeva con un orgasmo della telecronista "Ouiiiiiiii! Marie-José Pérec!"

Quanto agli italiani, ricordo Longo, che illuse nei turni preliminari degli 800, anche perché la finale sembrava molto aperta, poi arrivò sesto. Poi i lanci, con piazzamenti che oggi ci sogniamo: il 7* posto della Coslovich, l'8° della Legnante. Il bronzo di Baldini lo vidi solo dallo schermo, la Maratona era in contemporanea con le gare su pista. Ricordo anche il bronzo della Martinez: oggi con 14,90 sembrerebbe anche poco, ma allora il podio non era scontato.

Poi c'è stata LA GARA, l'asta maschile. Ma di quella parleremo la prossima volta.

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