martedì 31 luglio 2018

Mondiali di atletica a Berlino (2009)

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La grande atletica sta per tornare a Berlino dopo 9 anni: cresce la febbre. Io c'ero ai Mondiali del 2009: fu il mio secondo evento sportivo a Berlino, dopo quello di cui ho parlato l'ultima volta.

Due furono i grandi protagonisti di quei Mondiali: Bolt e la mascotte Berlino. Bolt cominciò con la grande impresa dei 100. Ho visto la finale da dietro, verso la fine della seconda curva: Bolt sembra partire male anche rispetto ai suoi standard, ma ai 40 è già in testa, poi si distende e fa il vuoto, fino a chiudere con un distacco forte su Gay, enorme su tutti gli altri. Alla fine guardiamo il tempo: 9.58! Esco dallo stadio completamente sotto shock: quando chiamo mia moglie, mi chiede cosa mi sia successo. Quel giorno avevamo avuto la conferma che Bolt era quello che Dante avrebbe definito "cosa venuta di cielo in terra a miracol mostrare" e Gay uno dei campioni più sfigati della storia per aver incontrato uno più grande di lui sulla sua strada, come Gimondi con Merckx e Hackett con Thorpe.

Il giorno dopo si riparte con le batterie dei 200. Vado allo stadio con la mia famiglia: entriamo in ritardo per via della coda e temiamo di perdercelo nel caso fosse stato nella prima batteria. Fortunatamente era nella sesta. Nella finale, il 19.19 fu quasi una delusione: qualcuno ipotizzava che sarebbe sceso sotto i 19, io ipotizzavo almeno un bel po' sotto i 19.16, ossia il doppio del tempo dei 100. E dire che solo un anno e mezzo prima mi chiedevo se avrei mai visto battuto il 19.32 di M. Johnson.

L'orso Berlino fu l'altro grande protagonista. Dentro lo stadio, rimase famoso soprattutto il numero con la medaglia d'oro dei 400hs femminili: se la caricò sule spalle, ma andò a sbattere contro la macchina che stava portando via gli ostacoli. Anche Bolt in riscaldamento sfoggiò una maglietta con la scritta "Ich bin ein Berlino". Fuori dallo stadio, Berlino era molto disponibile, soprattutto coi bambini, anche i miei figli (all'epoca di 5 anni abbondanti e 4 scarsi), che l'incontrarono in un campo dove i bambini potevano provare le varie specialità dell'atletica, anche il salto con l'asta. Il suo pupazzo andò a ruba: il martedì era già esaurito. Per fortuna io l'avevo comprato la prima domenica. Trovammo gente che, non essendo riuscita a procurarselo, ci chiedeva una foto con lui. Anche l'eptatleta Dobrynska scrisse sul sito della IAAF che il suo unico rammarico, in un mondiale in cui aveva vinto l'oro, era di non essersi riuscita a procurare il pupazzo Berlino!

I miei Mondiali erano cominciati con una corsa, appena arrivati, per andare a vedere la marcia femminile, che si svolgeva sulla Unter den Linden, inaugurando una tradizione di farla lontano dallo stadio, che da allora divenne la norma (unica eccezione, che io ricordi, Mosca 2013). La Rigaudo non fu mai in lotta per le medaglie, chiudendo mi pare 9^. Fu la prima di una serie di delusioni per l'Italia: ci fu poi la 50 km., con Schwazer che a un certo punto perde terreno e poi si ritira (e De Luca che, in rimonta, arriva 8°), la Di Martino giù dal podio nell'alto, ma la beffa più grande fu per Vizzoni, anche se in partenza non era un candidato al podio. 1° lancio: lunghissimo, secondo alcuni da podio, sicuramente ampiamente da finale, ma di poco fuori settore. 2° lancio: in gabbia. 3° lancio: molto controllato, quasi al rallentatore, finisce a 2 cm dall'8° posto. Alla fine il bilancio dell'Italia fu considerato fallimentare perché restammo senza medaglie per la prima volta nella storia dei Mondiali e per la prima volta dal 1956 contando anche le Olimpiadi. Guardando oggi le classifiche, risulta invece che ne abbiamo vinte due: se l'avessimo saputo allora, il bilancio non sarebbe stato così negativo, considerati anche i piazzamenti.

Avevo conosciuto un gruppo di italiani con cui commentare le gare: una raccontò di una storia d'amore tormentata tra due atleti, che aveva influito sul rendimento di lei. Quando Marta Dominugez vinse i 3000 siepi, la stessa commentò "Speriamo che non sia della scuola Fuentes". Come sappiamo, la speranza andò delusa.

Tra le altre gare, ricordo gli 800 donne, con la Cusma che illude in semifinale per poi crollare in finale e la rivelazione della Semenya, alla sua prima uscita fuori dall'Africa. Poi le due gare dell'asta: tra le donne la Isimbayeva entra in gara altissima (mi sembra 4,70), rilancia dopo il primo errore e chiude a zero, tra gli uomini Hooker entra anche lui molto tardi (aveva problemi fisici), ma gli va bene e vince. Gibilisco a 5,75 abbatte l'asticella in ricaduta, mentre io ero indeciso se esultare in inglese o in tedesco, e chiude 7° (sarebbe comunque arrivato 4°).

Nel percorso verso lo stadio, dalla metropolitana in poi, c'erano molte scritte originali del 1936: mi facevano pensare a chi andava a vedere quelle Olimpiadi, ignaro del macello che li attendeva da lì a poco. Nel complesso dello stadio c'era anche la piscina olimpica, sempre affollata, immagino dai volontari, visto che non era aperta al pubblico. Affollato anche il trampolino da 10 metri, anche con due tuffatori per volta. 8 anni dopo avrei nuotato anch'io in una piscina olimpica .

E tra meno di una settimana sarò di nuovo là…


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