Quest'anno il Giro d'Italia arriva a Roma. Mi sono chiesto a lungo se valesse la pena andarlo a vedere: presumibilmente avrei visto un massimo di 6 passaggi di un gruppo compatto (erano 6 giri di un circuito) ogni 17-18 minuti, sperando poi di avere uno schermo per vedere quelli che succede tra un passaggio e l'altro, e poi l'arrivo. Quando il Giro finiva a Milano e io abitavo in zona non avevo mai pensato di andarlo a vedere: finora la mia unica corsa ciclistica su strada dal vivo era stata una di cicloamatori, di cui avevo visto un passaggio in montagna, naturalmente mentre ero lì per altri motivi.
Alla fine decido di andare a vedere gli ultimi due passaggi. Ma dove? Scarto subito l'idea di andare all'arrivo, o comunque negli ultimi 1-2 chilometri, sia temendo di trovare troppa ressa, sia temendo che sarebbero stati difficili da raggiungere, considerato che a Roma vige la consuetudine di chiudere le stazioni della metro quando servono di più. scelgo Piazza del Popolo, sia perché è l'unico punto del percorso vicino a una fermata della metro A, sia perché c'è il villaggio e quindi è più probabile vi sia uno schermo.
Arrivo a Piazza del Popolo intorno alle 18, e scopro che il Giro non passa di lì. Del resto, guardando la strada, mi rendo conto che sarebbe stata una versione mediterranea della Parigi-Roubaix, anche se nel percorso qualche tratto di sampietrini c'era. C'è almeno lo schermo, e vedo che mancano 24 km. Devo andarmi a riguardare il percorso sul sito, e scopro che il punto più vicino del percorso è sul Lungotevere, dove svolta sul Ponte Regina Margherita. Mi posiziono sulla svolta, pensando che sia il punto dove riuscirò a vedere il tratto più lungo di gara. C'è poca gente, e non ci sono transenne, per cui mi viene il timore che al momento del passaggio ci manderanno via: invece si limiteranno a farci indietreggiare.
Sul ponte c'è lo striscione dei 10 km all'arrivo: pensavo mancasse di meno. Capisco quindi che vedrò un solo passaggio: sarei appena riuscito a vedere il penultimo se fossi andato subito qui. Passano diverse auto e moto: a un certo punto passa un'auto con la scritta "inizio corsa", quindi dovrebbe mancare poco al passaggio. Accanto a me c'è un signore con accento emiliano, che filma e fa la radiocronaca. Passa ancora un po' prima del passaggio dei corridori: come preannunciato, gruppo compatto, e nella massa non sono certo in grado di riconoscere nessuno. Poi svoltano davanti a me, a una velocità impressionante: viene un po' di paura che qualcuno cada e mi venga addosso. Non si capisce se debba passare ancora qualcuno: io, a vedere il gruppo, non avrei mai detto che erano 125, ma presumibilmente, se non lo erano, ci mancava poco. Passano altre auto e moto e alla fine c'è un c'è un corridore staccato, uno solo. Subito dopo passa l'auto col cartello "fine corsa".
Torno a Piazza del Popolo a vedere il finale: noto che fino alle ultime centinaia di metri, sui Fori Imperiali, non c'era mai molta gente, si sarebbe potuto tranquillamente seguire la gara dappertutto, ma penso comunque di aver fatto bene a venire qui. Vedo l'arrivo, con la vittoria di Cavendish e l'ennesima caduta, poi, prima di andare do un'occhiata agli stand del villaggio. In particolare guardo le maglie rosa d'epoca: da quella di Magni del 1948, a quella del primo anno di Merckx, che era anche il mio primo anno di vita (1968), fino a quelle che di giri che ricordo bene, 1986 (Visentini) e 1988 (Hampsten). Anche le più recenti sono diverse da come me le immaginavo: le pensavo simili a maglie da calcio, invece erano tessute a maglia e dall'aspetto pesante. Mi ripasso poi l'albo d'oro, notando che siamo al decimo vincitore diverso in 10 anni.
Ero arrivato a 55 anni senza mai aver visto passare il Giro d'Italia: era una lacuna di cui un po' mi vergognavo. Adesso ho messo le cose a posto
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