martedì 8 agosto 2017

Mondiali di atletica a Londra - 4^ giornata (7-8-2017)

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In mattinata, visita a Casa Italia Atletica. Mi fermano prima due uscieri del palazzo, poi due addetti di Casa Italia: alla fine mi fanno entrare. Sembrano però tutti chiedersi cosa ci faccia lì uno spettatore comune. Mi informo del pranzo, e mi confermano che è ad inviti, come le altre volte. Faccio un giro, poi, mentre me ne sto andando, mi avvicina un addetto dicendomi che presto me ne sarei dovuto andare per far posto agli "accreditati". Mi chiedo quindi come mai sul sito Fidal (es qui) facciano tanta pubblicità agli eventi di Casa Italia (pasti compresi) quando non sono aperti al pubblico: potrebbero limitarsi a mandare un e-mail agli invitati! Di nuovo l'atteggiamento di cui parlavo nel post introduttivo di questo blog, lo spettatore comune che viene visto con fastidio. Lascia molte perplessità anche la scelta delle gigantografie degli atleti all'ingresso: lui è Tamberi, e fin qui normale, anche ovvio, ma lei è Dariya Derkach, che non è nemmeno stata convocata e che evidentemente è lì solo per l'aspetto fisico (indubbiamente notevole). Non un bel messaggio: lascia intendere che per le donne sia più importante essere belle che brave. All'uscita incontro Tortu e la Folorunso: lei è più piccola di quanto sembri da lontano.


Dopo un pomeriggio di riposo e scrittura, mi avvio verso lo stadio. Provo un nuovo percorso, che consente di risparmiare un cambio di linea. Folla spaventosa nella metro (in cui peraltro tento di entrare con la chiave dell'albergo, e al ritorno farò il contrario), ma di pendolari: anche all'ultima fermata quelli che vanno allo stadio sono una minoranza.


Si entra abbastanza rapidamente. Stavolta sono al secondo anello, dietro il rettilineo opposto agli arrivi, e si vede tutto bene. All'ingresso, si vedono gruppi di colombiani, dietro di me c'è un gruppo di giamaicani e si sentono dei francesi, ma gli stranieri rimangono una sparuta minoranza (e non ho ancora visto un americano).


Si apre con un minuto di raccoglimento per la velocista australiana Betty Cuthbert (forse il primo che abbia mai visto nell'atletica). Poi si parte: soddisfazione per il comportamento degli italiani nelle batterie. Lo speaker però li ignora, citando atleti meno titolati di loro. Lo speaker si supererà per la finale dei 110hs, quando di Braitwaithe citerà un bronzo ai Giochi del Commonwealth e non l'oro mondiale.


Nella presentazione del martello donne, raccontano che i camioncini telecomandati che riportano gli attrezzi costano £4.500 l'uno. La gara è bella, più equilibrata del previsto, dato che la favorita polacca (non fatemi scrivere il nome...) non trova subito il lancio giusto: purtroppo lo troverà durante una semifinale dei 400hs, e quindi non lo vedrò. I lanci alla partenza sembrano tutti lunghissimi, anche quelli che non arrivano a 70m. Ancora più appassionante la finale del triplo donne, combattuta fino all'ultimo.


Nel finale, finalmente una gioia per i giamaicani, che festeggiano al ritmo di "Jammin" la vittoria di McLeod nei 110hs. Poi i britannici (che avevano anche applaudito a lungo la Gunnell, intervistata in tribuna) si scaldano per la Muir nei 1500: rimangono delusi, visto che arriva quarta. L'altra britannica arriva sesta, e io mi chiedo da quanto tempo noi non abbiamo 2 nei primi 6 in una prova da stadio: probabilmente dal 1995 (lungo donne, May e Uccheddu).


All'uscita volevo mangiare qualcosa in un chiosco, ma non posso perché gli steward mi obbligano ad andare nell'altra direzione. Il percorso verso la metro è tortuoso e con molti stop, ma in compenso salire è più semplice di ieri.






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