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Prima delle gare decido di farmi una nuotata nella piscina olimpica. E' infatti aperta al pubblico, a un prezzo alla portata di tutti (£5,20), ma la vasca da 50 è aperta solo dalle 16. Già mi dà una grande emozione vedere la vasca da vicino e pensare che tra poco nuoterò dove ha nuotato Phelps. Le tribune sembrano piccole, meno capienti di quelle di Roma.
Prima delle gare decido di farmi una nuotata nella piscina olimpica. E' infatti aperta al pubblico, a un prezzo alla portata di tutti (£5,20), ma la vasca da 50 è aperta solo dalle 16. Già mi dà una grande emozione vedere la vasca da vicino e pensare che tra poco nuoterò dove ha nuotato Phelps. Le tribune sembrano piccole, meno capienti di quelle di Roma.
All'ingresso scopro che devo lasciare l'asciugamano nell'armadietto: non è consentito portare niente a bordo vasca. La vasca è molto più profonda delle piscine a cui sono abituato: 2,95 metri: la prima volta che si mette la testa sotto, fa impressione vedere la linea del fondo così lontana. Scopro quindi che quando i nuotatori a fine gara si vedono col petto fuori dall'acqua, non è perché la piscina sia meno profonda alla fine, ma perché c'è una feritoia dove appoggiare ai piedi: mi chiedo anche come facciano a stare in equilibrio.
Le corsie da 0 a 5 hanno un'indicazione sulla velocità di nuoto, naturalmente quelle centrali sono le più veloci. Tutte hanno l'indicazione se si debba nuotare in senso orario o antiorario, ci metto un po' a capire cosa voglia dire (senso orario = andata a sinistra e ritorno a destra, senso antiorario il contrario). Nel cercare di stare dal mio lato vado spesso contro il cordolo.
L'acqua è incredibilmente leggera: alla fine della prima vasca sembra incredibile che sia già finita. dopo un po' però ci si sente strani, all'inizio della quarta mi gira la testa e devo fermarmi un attimo. Provo anche la rana e la farfalla, non il dorso perché temo di finire addosso a qualcuno.
Uscito, attraverso un ponte e sono ai cancelli dello stadio. Naturalmente avevo calcolato che la giornata cominciasse alle 19,05: la prova solitaria di Makwala è stata annunciata quand'ero già in vasca e quindi me la perdo. Piove a dirotto: davanti a me vedo due ombrelli di Wimbledon (io ne ho uno comprato a Göteborg in occasione degli Europei 2006, ma senza riferimenti sportivi).
Arrivo al mio posto giusto in tempo per la partenza della prima batteria dei 3000 siepi. Fa veramente freddo: penso che sarà dura resistere fino alla fine e maledico il fatto di dover avere freddo il 9 agosto, pensando però anche a quanti in Italia stanno lanciando maledizioni di segno opposto. Dietro di me un gruppo di tedeschi, che assisterà all'evento raro di una finale dei lanci senza loro connazionali e discuterà a lungo coi vicini della strada migliore per tornare in albergo. Qualche fila davanti, si nota un marocchino col fez.
Sono in decima fila, dietro la seconda curva. La prospettiva non è delle migliori: non si vede neanche l'inizio del rettilineo per le corsie esterne: un pannello lo copre. Del lungo femminile vedo molto poco: i salti si vedono abbastanza, ma non si capisce la misura perché l'atterraggio è coperto dalla barra metrica. In compenso si vede bene il peso femminile, almeno i lanci, non tanto le misure perché sono troppo in basso per vedere le fettucce. Gara molto bella ed equilibrata, contesa fino all'ultimo lancio. Si vede bene anche la curva dei 200, in compenso il rettilineo fatico a vederlo anche sullo schermo perché li fanno vedere solo in quello dall'altro lato, in quello dal mio lato trasmettono il peso.
Nel finale arriva la gran sorpresa con i 400 donne: pensavo di assistere alla cavalcata trionfale della Miller e fino a pochi metri dalla fine sembrava così, invece la favorita si ferma di colpo, pensavo si fosse fatta male, invece era solo inciampata. Intanto, nell'indifferenza generale, si disputano le qualificazioni del martello: nel primo gruppo Lingua è nono e quindi lo do ormai per eliminato, invece alla fine del primo turno del secondo gruppo è ancora dentro, poi anche alla fine del secondo e a metà del terzo. A questo punto comincio a gufare tutti gli ultimi lanci: i vicini si saranno chiesti perché esultavo. Alla fine Lingua si qualifica: finalmente una soddisfazione.
Il viaggio di ritorno è particolarmente pesante per il freddo: all'arrivo alla stazione, i volontari ci danno il cinque. In compenso la metro è meno affollata del solito e riesco anche a sedermi.
Le premesse non erano buone, ma alla fine mi sono divertito.
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